La formazione delle élites valdostane dal compimento del processo di unificazione italiana all’avvento del fascismo si presenta come un caso particolare nel panorama internazionale. Collocata in una regione-faglia, al punto di incontro di identità differenti, e al tempo stesso parte di una «civiltà alpina» che oltrepassa i confini nazionali, la Valle d’Aosta è andata rafforzando, all’indomani dell’unità d’Italia, un’identità regionale precedentemente percepita tra le élites – ecclesiastiche e intellettuali prima ancora che politiche – come un generico senso di appartenenza a cultura e tradizioni peculiari. La costruzione di un’élite politica, radicata nel territorio e partecipe della vita della nazione, fu un processo lento, che si realizzò con ritardo rispetto ad altri contesti italiani e diede i primi risultati soltanto nel corso degli anni Novanta dell’Ottocento. Lealtà alla Casa di Savoia, promozione della francofoniain chiave identitaria, richiamo alla tradizione gallicana furono gli elementi qualificanti di un’evoluzione che condusse, nel corso dell’età liberale, all’emersione di un’élite politica che faceva della particolarità territoriale, la «valdostanità», uno dei pilastri della propria azione. Il presente volume si propone di indagare il contributo decisivo dato dal clero locale e dall’istituzione ecclesiastica alla formazione di una classe dirigente connotata in senso regionale e ispirata ai valori cristiani, cattolica e nel contempo di convinzioni democratiche, legata al territorio ma di respiro europeo. Tale esperienza, dopo la breve stagione del partito popolare, sarebbe stata travolta dall’avvento del regime fascista, che avrebbe rimodulato l’ordine di rapporti tra il centro e questa periferia.